L’Unione Europea tiene molto all’efficientamento energetico. Con la direttiva 2018/2022, la quale sarà rivista al rialzo entro la fine dell’anno o l’inizio del prossimo, Bruxelles ha chiesto ai Paesi membri di ridurre del 32,5% il loro consumo da fonti primarie. Riuscirvi semplicemente abbassando il fabbisogno è forse un’utopia, si può però pensare di abbassare gli sprechi, attraverso il recupero di energia termica.
Relativamente all’Italia, il Piano Nazionale Integrato per Energia e Clima (PNIEC), ha fissato un target indicativo di riduzione dei consumi al 2030 pari al 43% dell’energia primaria, corrispondente a una diminuzione annua dei consumi di energia finale di 9.3 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), da conseguire nel residenziale, nel terziario, nei trasporti e nell’industria. Quest’ultimo ambito è responsabile di almeno un terzo del consumo energetico a livello globale. Lo stesso colpevole si macchia dello spreco di circa la metà di tale quota, sotto forma di flussi di calore inutilizzati.
La strada del recupero termico può condurci verso quella transizione energetica che il Parlamento europeo invoca a gran voce.
Recuperare energia termica nel settore industriale
Nei Paesi occidentali il consumo dell’energia da parte dell’industria è elevatissimo (tanto da raggiungere picchi del 72% nel Regno Unito), così alto da rendere completamente insostenibile la dissipazione che ne consegue. A fronte di ciò, recuperare energia termica consentirebbe al sistema industria di aumentare la propria efficienza, riducendo in maniera considerevole l’impatto climalterante.
Già oggi, in un momento storico nel quale la tecnologia per il recupero termico deve ancora compiere significativi passi in avanti, esistono buone soluzioni per recuperare il calore di scarto piuttosto che sprecarlo. Esse ci danno modo di produrre energia termica a varie temperature e riconvertirla in elettrica, massimizzando l’efficienza di pompe di calore e caldaie industriali.
Come avviene il recupero termico
La tecnologia più affidabile per recuperare energia attualmente disponibile è denominata Organic Rankine Cycle (ORC): un ciclo termodinamico chiuso, non dissimile dal ciclo tradizionale Clausus-Rankine che produce energia elettrica a partire dal vapore acqueo. Nel caso di impianti ORC però, come suggerisce la denominazione stessa, si trasformano sostanze organiche come fluido di partenza.
A disposizione del recupero termico abbiamo anche pompe di calore specifiche e macchine frigorifere ad assorbimento. Queste ultime sono la soluzione più recente in termini di comparsa sul mercato ma vengono già commercializzate, sebbene soltanto in campi di potenza determinati e piuttosto contenuti. Vi sono perciò tre strade già percorribili: il riutilizzo del calore di scarto, come si può evincere da queste informazioni, è già tecnicamente possibile.
Le difficoltà nell’installazione di questo tipo di tecnologia non sono a livello tecnico, bensì organizzativo, informativo e, principalmente, finanziario.
il calore di scarto definito a media e alta temperatura, superiore a 250 °C circa, si può recuperare già oggi. L’utilizzo del calore disperso a bassa e bassissima temperatura (rispettivamente sotto i 250 e 120 gradi) è invece più difficoltoso da riutilizzare e, spesso, economicamente non conveniente. L’efficienza di conversione sarebbe infatti modesta e la necessità di un’ampia superficie per portare avanti le operazioni di scambio termico non la giustificherebbe. Una maggiore efficacia nel recupero di energia termica a bassa e bassissima temperatura richiede l’ottimizzazione di tutte le attuali tecnologie di recupero e la definizione di metodologie di scambi di calore più agevoli. Occorrerà ancora qualche anno prima di poter raggiungere questi obiettivi.
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Recupero termico e cogenerazione
In un’ottica di efficientamento energetico, il traguardo è avere presto a disposizione impianti di cogenerazione, capaci di generare energia termica ed elettrica a partire da un’unica sorgente. Il vantaggio di questa tecnologia è che consente la produzione di elettricità e riscaldamento con una resa energetica superiore a quella delle due produzioni separate.
La cogenerazione è recupero termico. In caldaie industriali e pompe di calore civili, il calore disperso durante la trasformazione della fonte energetica si può recuperare e impiegare per altri scopi. La resa energetica complessiva sale così oltre il 65% (ben più del 35% normalmente sfruttabile durante il consueto processo di produzione di energia) e può arrivare fino al 90%.
Cogenerare conviene ogni qual volta si abbia un elevato fabbisogno di elettricità o calore (pensiamo all’industria alimentare, cartaria o ceramica); in questi casi un impianto di cogenerazione industriale garantisce risparmio economico, perché aumenta l’efficienza energetica e riduce sensibilmente i consumi di combustibile. Si stima che il passaggio alla cogenerazione possa portare a un risparmio energetico considerevole, fino al 30% dei consumi medi attuali, oltre a favorire un netto taglio delle emissioni di anidride carbonica.
Il rapporto che abbiamo con l’energia è troppo esoso per il pianeta. La necessità di cambiare le nostre abitudini di produzione e consumo è ormai evidente e investimenti che incentivino il recupero termico rappresentano senz’altro un deciso passo nella direzione giusta.
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